Dall’Australia al Sud America, attraversando Asia e Africa: 95mila persone di 118 nazionalità si sono incontrate tra i pilastri del Parco Dora per celebrare la decima edizione della manifestazione torinese dedicata alla musica elettronica. Tre giorni di festa con cinque palchi e più di cento artisti: il futuro è qui
«Keep dancing, no posing». Un mondo in quattro parole. Che campeggiano sulle t-shirt dei fotografi, scritte in bianco su fondo nero. Inequivocabilmente Kappa FuturFest. L’evento di musica elettronica al Parco Dora di Torino, che quest’anno ha celebrato la sua decima edizione con una line-up mai così eterogenea: tre giorni di show con più di cento artisti internazionali che si sono alternati su cinque palchi, dalle 12 alle 24. Davanti a 95mila persone, provenienti da 118 paesi: una mega festa, ma anche altro.
Sì, perché non ci sono soltanto i numeri – spaventosi – a consacrare la manifestazione tra le più importanti d’Europa nel suo genere. C’è soprattutto un’atmosfera di socialità e connessione che travalica i confini. Sempre a ritmo, ovviamente. A raccontarlo ecco le bandiere, che fanno capolino tra la folla: dall’Australia all’Africa, attraversando Asia e America, fino ai Paesi europei, i più vicini. I cinque continenti, tutti rappresentati, si uniscono in un’unica affascinante danza dal sapore tribale.
«È un agglomerato di giovani che non si conformano tra loro forzatamente, sono abbastanza simili ma ognuno è davvero unico e irripetibile», ha commentato a La Repubblica il fotografo Oliviero Toscani, che al Futur Festival porta avanti da anni un progetto di ritratti. La facce da scattare, in effetti, sono tantissime. Bastano pochi passi tra gli imponenti pilastri dei vecchi stabilimenti Fiat, per restarne affascinati: eccentricità per distinguersi, ma che non divide. Ognuno è sé, ma è anche insieme.
E non ci sono problemi di comunicazione, la lingua della musica non ha bisogno di sottotitoli: da Fatboy Slim a Diplo e Carl Cox, fino ai Tale of Us, Peggy Gou e agli Swedish House Mafia, solo per citare gli artisti più famosi. Tutto gira, coerente: l’organizzazione, la location, le mani che si muovono a tempo. «Il futuro si trova dietro le curve, riesci a vederlo solo se fai quella curva», ha detto ancora Toscani. «E il Futur Festival è pieno di queste curve». Come tanti fotogrammi di quello che verrà.
Un fiume che scorre, che va avanti. E che muovendosi, racconta il domani. Keep moving, no posing.
