Il patron del Kappa FuturFestival, Maurizio Vitale: “Il nostro festival non vive in capienza limitata”
Non che ci si attendesse qualcosa di diverso, ma adesso abbiamo l’ufficialità: il Kappa FuturFestival non ci sarà nemmeno quest’estate. I cancelli di Parco Dora resteranno chiusi e ci si darà appuntamento per il 2022 con la speranza e l’augurio che l’evento possa finalmente tornare ad animare quell’angolo di Torino. Ma non è solo una questione di divertimento per i fan della musica elettronica, perché sono molti i milioni di euro che ballano (proprio come i ragazzi), come ci spiega Maurizio “Juni” Vitale, patron di Movement che organizza il festival, e presidente di Turismo Torino.
Vitale, questa nuova cancellazione, cosa significa per lei?
«Dal punto di vista psicologico è molto mortificante e grave. Vale anche per tutti i miei collaboratori. E grave lo è anche sul piano sociale e culturale. È un danno per il valore del marchio ma anche per la promozione turistica di Torino. Infine sul lato economico è un altro colpo alla mia piccola Movement. È una tempesta in mezzo al mare senza grandi spiragli di luce. C’è però un ulteriore aspetto, differente, da non trascurare».
E qual è?
«La forza della struttura che abbiamo creato sedici anni fa. Questi mesi di ristrutturazione, anche economica, ci sono serviti per fare il punto sulle criticità e per riposizionarci verso il futuro».
Quante persone lavorano a Movement e quante, normalmente, per il KFF?
«Con riferimento al 2019, nel mese di allestimento, produzione e disallestimento dell’evento abbiamo impiegato 920 persone, mentre sono circa 500 per l’appuntamento invernale del Movement. Sono invece 15 le persone assunte a tempo indeterminato. Sempre nel ’19, utilizzando il calcolo fatto dal Politecnico di Torino sul “full employment”, abbiamo prodotto ore lavoro pari a 51 persone impiegate a tempo pieno. Nel 2020 e 21 quasi nessuno ha lavorato».
Due anni di KFF cancellati che danno economico comportano?
«Quattro milioni di euro per edizione. Invece sommando il Kappa, il Movement e il club, abbiamo calcolato una ricaduta sul territorio piemontese di 32 milioni all’anno. Nel ’19 abbiamo venduto 150 mila biglietti, con una provenienza dall’estero del 35%. Abbiamo portato a Torino gente da 105 Paesi, offrendo una forma di promozione della nostra città, che è un dispiacere avere interrotto».
È pensabile realizzare un evento come questo riducendo la capienza?
«No, è antieconomico. Non siamo il calcio che può ospitare il 25% del pubblico e può vivere tranquillamente. Gli spettatori, distanziati, restano allo stadio due ore al massimo, da noi la presenza media è di dieci ore al sabato e altrettante la domenica. Credo che faranno fatica anche cinema e teatri».
Ma il “modello Barcellona” con tamponi al pubblico non sarebbe possibile anche qui?
«Sì. Come Club & Festival Commission abbiamo presentato ai ministri Speranza e Franceschini un protocollo con l’ingresso di chi è stato vaccinati o abbia fatto un tampone nelle 36 ore precedenti. Oppure, tramite app, ci si potrà prenotare per un test rapido nelle postazioni mediche che allestiremo: con questo sistema possono accedere 45 persone l’ora. La app registra anche chi è stato vaccinato. Siamo in fase di simulazione. Al governo hanno apprezzato, così come Mogol».
Nell’estate del 2022 il KFF si potrà davvero fare?
«Mi auguro di sì e noi stiamo lavorando perché a ottobre si sia pronti per organizzare il festival del prossimo luglio. Guardiamo al futuro con ottimismo».
Torino è pronta per ripartire in ambito turistico?
«Sì, gli imprenditori ci stanno lavorando da tanti mesi. Sono pronti, in particolare gli alberghi, dove c’è stato sì un calo dell’80% ma non l’interruzione totale dell’attività. Idem i musei. Le dimensioni oggi contano più di prima. Più sei strutturato, meglio ripartirai».
Sono stati commessi errori a livello governativo/amministrativo?
«Non do giudizi sull’operato altrui, ma dico che la governance sul turismo deve armonizzarsi. Ci vuole una struttura centrale che dia direttive omogenee alle Atl. Troppi i soggetti in campo. E serve una piattaforma digitale che faccia incontrare domanda e offerta. Il Piemonte deve sapersi offrire meglio».
Di Roberto Pavanello

