Di Emanuela Minucci
L’autrice della Regina del Kappa Futur Festival è figlia d’arte “Avere un padre come Oliviero aiuta ad aprire la mente”
Alì Toscani dal padre Oliviero ha ereditato l’amore per la fotografia e un’inesausta curiosità verso il mondo. Ha 29 anni, professione creativa a tutto tondo, e ogni mail o messaggio che manda lo conclude ricordando «keep smiling», sorridi. Non a caso l’agenzia pubblicitaria che ha fondato con la sorella si chiama «smiling sisters».
Partiamo dal manifesto che ha concepito per il Kappa FuturFestival. Ce lo racconta?
«La creatività è un processo, che parte dalla ricerca, che pretende tempo e dedizione, e la capacità di mettersi in dubbio, di pensare a qualcosa e poi capire se tali idee siano davvero interessanti o no».
E la «Futur Queen» da quale mondo proviene?
«È stata sviluppata nel 2013 a partire dal concetto che il FuturFestival è un evento tecnologicamente avanzato diretto al pubblico del “futuro”. Sono partita dall’idea di creare un simbolo che rappresentasse il luogo suggestivo in cui il festival si sviluppa, e allo stesso tempo le forti emozioni che regala. È l’entità superiore che lo governa, come se il festival fosse un mondo a sè, governato dalla musica elettronica. Anno dopo anno lei si è evoluta, passando dall’essere più misteriosa a totalmente svelata».
Qual è la disciplina che più la intriga – dato per sottinteso che la fotografia è nel suo Dna…
«La disciplina più importante, se così vogliamo chiamarla, è la curiosità. È fondamentale non perdere quell’innata capacità di osservare e imparare grazie alla quale ci evolviamo da lattanti ad adulti. Purtroppo tendiamo a perderla, ma se riuscissimo a mantenerla intatta ci aiuterebbe a continuare la crescita personale».
Lei si definisce una sognatrice sin dalla nascita. È difficile restarlo?
«Sognare significa non fissarsi dei limiti. Per farlo bisogna darsi sempre nuovi obiettivi che pur sembrando irraggiungibili, giorno dopo giorno, impegnandosi, diventano sempre più accessibili».
Quali sono i lavori in cui è impegnata oggi?
«Due anni fa ho lanciato con mia sorella Lola un’agenzia di pubblicità e strategia, la “Smiling Sisters” che si sta evolvendo in un collettivo di donne. Abbiamo un ufficio a Londra e uno a Milano e lavoriamo nel mondo della moda, musica, e cultura. Pensiamo spesso al futuro, ai nostri figli, ed è per loro che puntiamo a sviluppare progetti che possano portare quel cambio positivo che ci piacerebbe vedere nel mondo».
Essere figli d’arte: un aiuto o un ostacolo?
«Un vantaggio perché aiuta ad aprire la mente, ma può essere un ostacolo per le aspettative che gli altri possono avere su te e sul tuo lavoro».
Anni fa posò in prima persona al mercato di Porta Palazzo. Che rapporto ha con Torino? Ci viene spesso?
«È la città di mio marito, quindi è diventata la mia seconda casa. È una città piena di contrasti, signorile e popolare. Il mercato di Porta Palazzo è un posto incredibile, in cui odori di ogni angolo del mondo si mescolano, diventando un unico, inconfondibile profumo di vitalità. Dovrebbe essere un esempio adottato dalla comunità Europea per capire come l’integrazione pur non essendo semplice è possibile. Torino dimostra come persone che arrivano da tutti gli angoli del mondo possano interagire fra loro, crescere e imparare l’una dall’altra».
Quali sono secondo lei i segni di modernità in una società contemporanea?
«La capacità di evoluzione, di cambiamento e adattamento. Qualità che spero vivamente l’Europa riesca a dimostrare. Il fatto che vediamo il filo spinato ai confini e i poliziotti sui treni che respingono camminatori in cerca di possibilità mi spaventa, sono flash back dal passato che non vorrei far vedere a mia figlia. Il mondo è uno, estremamente connesso, e questi confini distruggono la sua evoluzione positiva».
Lei oggi dove vive?
«A Londra, con la mia bellissima famiglia. Mi reputo enormemente fortunata».