La kermesse è in programma nella prima settimana di luglio al Parco Dora di Torino
TORINO. Come tutte le manifestazioni pubbliche in programma nei prossimi mesi, anche il raduno di musica elettronica Kappa FuturFestival attende di capire i tempi dell’auspicato ritorno alla normalità. L’edizione 2020 della kermesse che la scorsa estate ha radunato 60 mila persone provenienti da oltre 100 paesi del mondo, dovrebbe tenersi nel primo weekend di luglio al Parco Dora.
Maurizio «Juni» Vitale, torinese, 45 anni, inventore e direttore dell’evento, non sta certo alla finestra in attesa di novità.
In questi giorni cosa prevale nel suo staff, l’ottimismo o la preoccupazione?
«Sono entrambi alle stelle, se la giocano alla pari. La preoccupazione riguarda innanzitutto la salute del mondo e in secondo luogo l’intero settore dello spettacolo, l’ottimismo gioca sui risvolti positivi che si stanno intravvedendo, a partire da una certa riscoperta della spiritualità e dal fatto che finalmente si sente parlare della cultura come settore produttivo. Mi permetto un gioco di parole: le imprese della cultura che ce la faranno saranno quelle che hanno al loro interno una cultura d’impresa».
I giorni passano e luglio s’avvicina: ha un piano B?
«Certo, sarebbe folle il contrario. Il rapporto con la Città per fortuna è ottimo e stiamo prendendo in considerazione di comune accordo uno slittamento. Se non ci saranno novità sostanziali entro due settimane ci orienteremo su fine estate. Credo che sia al momento lo scenario più probabile».
Gli artisti accetterebbero?
«Confesso che li abbiamo già sondati, un buon 90%, fatte salve le norme sugli spostamenti che saranno in vigore a fine estate ed eventuali impegni già fissati altrove, ha dato piena disponibilità. Il rapporto di fiducia è reciproco, ed è molto utile condividere questi ragionamenti con i nostri partner statunitensi di Movement».
E la gente, quello che ormai si può definire il popolo del Kappa, che stati d’animo manifesta?
«Non siamo sotto pressione, non c’è una richiesta affannosa di notizie perché il rapporto è continuo, informiamo ogni settimana tutti i nostri contatti. Certo, un mese fa la prevendita era a 20.000 presenze e lì si è fermata».
Avete preso impegni importanti sotto il profilo dell’impatto acustico al Parco Dora: i lavori proseguono?
«Non ci siamo mai fermati su nessun fronte, dal booking alla produzione all’impatto ambientale. Abbiamo subito un rallentamento per questioni di forza maggiore, ma anche su quel fronte il rapporto con la Città è limpido e gli impegni verranno rispettati».
La techno è musica che si crea spesso in casa, per lo più da soli: ha anticorpi più forti di altri settori per superare l’emergenza coronavirus?
«Non lo so, per adesso escono pochi dischi perché i potenziali consumatori sono in bolletta proprio per lo stop delle attività produttive. Quel che è certo è che il Covid-19 è il più grande influencer di sempre. Facciamo quel che vuole, coi tempi che sceglie lui, forte delle persone più potenti della Terra ridotte a suoi testimonial. Torno all’ottimismo: ci costringerà a cambiare, ad andare oltre».
Una vita in streaming?
«Il fascino del raduno resterà, ma sarà tutto diverso, si potranno vivere anche festival a distanza, se divertono e incontrano consensi la F1 e la NBA virtuali. Anche per quanto concerne le performance in presenza di pubblico mi piace immaginare che tutto sarà differente, la percentuale di digitalizzazione si moltiplicherà. Nel nostro lavoro, ma pure per l’utenza, che avrà servizi social in tempo reale, potrà interagire col dj che sta suonando e vivere in modo nuovo quella che comunque rimane una “experience” dal vivo».
Vede quindi una rivoluzione in arrivo?
«Le parole d’ordine saranno ottimizzazione, flessibilità, digitale, creatività. Non so se si possa parlare di rivoluzione, di sicuro questo è il periodo più difficile per la vita della mia generazione e produrrà cambiamenti profondi in tutta la società. Forse Culture New Deal è la definizione più appropriata per descrivere quel che dovremo saper costruire».
By Paolo Ferrari
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