25 febbraio-25 settembre: sono passati esattamente 7 mesi da quando il Museo Ettore Fico avrebbe dovuto inaugurare le tre mostre (due personali dedicate a Massimo Vitali e a Neboisa Despotovic, insieme alla collettiva “Reinas” con Zaza Calzia, Maria Lai, Lalla Lussu e Rosanna Rossi) con cui oggi, dopo il lockdown, riapre al pubblico dalle 14.
Direttore Andrea Busto come si aspetta la ripartenza? «Abbiamo preferito aspettare, che passasse anche l’estate, in cui la città era deserta. Ora si riparte, ma dal vivo, non voglio uniformarmi a questa nuova pratica di fare le mostre e gli incontri virtuali. Io ho un museo, sono vivo, voglio incontrare la gente, cercherò di stare qui il più possibile per parlare con le persone, salutare gli amici, raccontare le mostre. Ricominciare a vivere, perché la vita non è virtuale. Quindi si riparte con queste tre mostre, mentre per Artissima inaugureremo una personale di John Torreano, artista italo-americano ottantenne, che ha praticamente conosciuto tutti i grandi dell’arte dal minimalismo alla pop».
Cosa ne pensa della scelta controcorrente di Artissima, unica fiera del panorama dell’arte, non solo italiano, a decidere, per ora, di non cancellare l’edizione. Coraggio o irresponsabilità? «La vedo in modo positivo, spero soltanto che la gente abbia il buon senso di fruire di questo evento in modo corretto, senza ammassarsi. Sappiamo bene che molti vanno solo per mondanità, mentre, invece, questa sarà ‘occasione per fare ritornare gli appuntamenti dell’arte a essere eventi culturali».
La scelta di Artissima e insieme l’opening collettivo di Exhibi.To, che ha messo in rete trentaquattro gallerie e spazi cittadini, sono segnali importanti di una scena dell’arte che reagisce Covid anche con un cambio di mentalità?«Le inaugurazioni collettive e il fare sistema un po’ l’abbiamo iniziato noi con la manifestazione di Fo.To. È dal 2019 che cerchiamo di mettere insieme le persone, di farle parlare e incontrare e mi pare che questo stia dando i suoi frutti. Credo di aver stimolato una riflessione su come fare arte collettivamente e non singolarmente. Questo segnale delle gallerie mi sembra molto democratico. Io non sono per l’arte elitaria, è importante che tutti possano esprimersi. Spero di poter andar avanti con progetti di questo genere, perché sono il sistema che ci permetterà di sopravvivere a questo caos totale».
Su Fo.To a che punto siete, dopo la seconda edizione della scorsa primavera, realizzata purtroppo solo on line? «Ho presentato in Regione un progetto dettagliato non soltanto sul territorio torinese ma su tutto quello piemontese, e a luglio ho incontrato l’assessora Poggio, ma sto attendendo ancora una risposta. Spero di avere qualche feedback a breve, perché per realizzare un tal progetto nella primavera 2021 non si può partire a lavorare oltre ottobre».
La mostra di Massimo Vitali letta nel nostro contingente, è davvero spiazzante per il suo valore simbolico. Parla di umanità che affollano spiagge, concerti (tra cui anche il Kappa FuturFestival), locali. Visioni dai colori saturi e la luce abbagliante, che le rendono allucinazioni. «È stato un caso, in seguivo Vitali da anni, ci siano conosciti a Paris Photo ed è nata questa mostra antologica di trenta pezzi. Il lockdown ha creato una cesura tra il mondo precedente, che è quello di Vitali, e il mondo attuale, che noi viviamo quotidianamente. Come testimonianza Vitali ci aiuta a intraprendere un nuovo cammino verso una normalità nel futuro. È una mostra di speranza, molto positiva. Ovviamente leggendola ora, a posteriori. Ed è un messaggio che arriva forte».
Di Olga Gambari
